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Comunione o separazione dei beni dopo il matrimonio?

Molti sposi prima del matrimonio sono incerti su quale regime patrimoniale scegliere, se comunione o separazione dei beni: ecco le differenze e quale conviene.

25-03-2018 (Ultimo aggiornamento 14-06-2021)
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Il Codice Civile stabilisce quali sono gli oneri economici degli sposi nei confronti dei figli e della famiglia, ma sono i coniugi stessi a poter scegliere in materia di comunione o separazione dei beni.

Quando ci si sposa quindi, non basta solo scegliere la location, il vestito e la torta, ma è fondamentale anche valutare bene tutte le opzioni disponibili per il regime patrimoniale da adottare. A priori, non esiste una soluzione migliore dell’altra, ma è importante valutare diversi fattori, prima di prendere la decisione più idonea.

Le differenze tra la divisione dei beni e la comunione

Si tratta di due concetti molto diversi, che si possono spiegare facilmente in questo modo:

  • la comunione dei beni avviene quando tutti i beni acquistati dopo le nozze sono di proprietà di entrambi i coniugi, compresi i debiti;
  • la separazione dei beni avviene quando ciascuno dei coniugi dispone della proprietà esclusiva dei beni acquistati sia prima che dopo il matrimonio.

La separazione dei beni quindi permette di intestare i beni acquistati in seguito al matrimonio ad uno solo dei coniugi, ad entrambi ma in quote diverse o ancora ad entrambi ma in quote uguali. In caso invece di comunione, i beni acquistati sempre in seguito al matrimonio sono cointestati. Questo determina delle conseguenze molto importanti, sia qualora il matrimonio dovesse finire, sia durante lo stesso.

Quale dei due conviene?

Nel caso in cui si scelga la comunione dei beni, i beni acquistati dopo il matrimonio sono di proprietà del 50% per ciascun coniuge e ci si riferisce in particolare a due categorie di beni:

  • i beni che rientrano subito in questo regime come i risparmi, gli acquisti effettuati durante il matrimonio, le aziende gestite da entrambi e i loro utili e i debiti;
  • i beni che rientrano in via residuale come i redditi personali.

In questo caso, ciascuno dei coniugi può amministrare i beni in modo autonomo, ma qualora dovessero essere prese delle scelte, ci deve essere il consenso di entrambi. Nel caso in cui si scegliesse invece la separazione, i coniugi mantengono l’esclusiva titolarità dei beni acquistati prima e dopo il matrimonio, mentre tutto ciò che è stato creato insieme si divide comunque in parti uguali.

Non esiste quindi una risposta univoca su quale regime patrimoniale scegliere, ma tutto dipende dal rapporto degli sposi stessi, dal tipo di lavoro che fanno e dalla solidità economica. Se ad esempio uno dei due è esposto a forti rischi patrimoniali, qualora venisse scelta la comunione dei beni, l’altro coniuge acquisirebbe tali rischi.

Altri casi in cui conviene la separazione dei beni sono:

  • un coniuge ha un’impresa commerciale: in caso di fallimento o debiti, l’altro coniuge e i suoi beni non vengono coinvolti;
  • un coniuge ha figli da un altro matrimonio: in caso di morte, la separazione dei beni eviterebbe all’altro coniuge eventuali conflitti con i figli per l’eredità;

Quando va comunicata la scelta

Dopo aver celebrato il matrimonio, avviene la scelta del regime patrimoniale. Al termine del rito, che sia civile o religioso, l’incaricato a celebrarlo chiede agli sposi quale regime patrimoniale hanno scelto, qualora non ci fosse alcune risposta, lo Stato fa partire automaticamente la comunione dei beni.

Nel caso in cui ci fossero delle modifiche da fare alla scelta di comunione o separazione dei beni, gli sposi possono cambiare il proprio stato patrimoniale in qualsiasi momento, ma con un atto pubblico. In questo caso sarà necessario contattare un notaio e richiedere assistenza.

Questo chiaramente implica tempi più lunghi e una spesa maggiore, per questo motivo è consigliabile ponderare bene la scelta prima del matrimonio stesso.

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